sabato 13 luglio 2013

Emozioni uniche dall'Ironman di Francoforte - Triathlon internazionale

IRONMAN DI FRANCOFORTE
3.8km nuoto – 180km ciclismo – 42.195km corsa
07/07/2013

Usando un po’ di retorica posso affermare con una gioia immensa che il 7 luglio del 2013 ho coronato un sogno.
Giungere al traguardo di un Ironman è qualcosa che va oltre il mero gesto sportivo. Per me è stato un viaggio fatto di emozioni e sentimenti che racchiudono in maniera piena il senso che do allo sport e quello che il triathlon riesce a regalarmi ogni giorno. Una miscela perfetta di fatica, determinazione, costanza, impegno che mi hanno portato al raggiungimento di una piena soddisfazione personale e una immensa commozione culminata nel varcare la linea del traguardo che mi ha fatto diventare un Ironman!

La mia voglia di partecipare a questa gara nasce, in maniera velleitaria e poco cosciente, alla fine degli anni 80 quando in TV vidi un servizio sull’Ironman delle Hawaii. Ne rimasi affascinato, tanto da farci un tema in 1° media. Quel desiderio fugace di bambino si perse comunque velocemente distratto da altri interessi e dal fatto che del triathlon nel mio piccolo paese di collina non ne era contemplata neanche l’esistenza!

Più di ventanni dopo inizio la vera preparazione a questa gara, dopo tre anni di indecisioni sull'iscrivermi o meno ad un evento così estremo.
A settembre 2012 inizia il carico di lavoro suddiviso abbastanza equamente fra le tre discipline. In 10 mesi arriverò a fare qualcosa come: 120h di nuoto con una decina di gare in vasca, 6500km in bici e un numero quasi incalcolabile di ore e km di corsa culminato in 2 maratone. Torino a novembre (3h06’) e Milano ad aprile (3h04’).
Con mia immensa fortuna, e un attento ascolto del mio corpo, non ho mai sofferto un infortunio o un periodo di malattia che mi abbiano limitato nella preparazione.

Il 4 luglio si parte in camper verso la meta. Francoforte. Porto con me 6 tifosi speciali: i miei genitori, mio fratello, mia nipote e Simona con mia figlia al suo interno!!!
Sono pronto fisicamente e mentalmente sereno.
Arriva la mattina della gara. Dormo incredibilmente bene per 6 ore. Un evento raro di per se prima di un appuntamento del genere.

Mi porto alla partenza al lago di Langen ed entro in zona cambio. Gonfio tubolari a 9,5 atmosfere, ci sarà il sole e voglio il massimo dalle mie performanti ruote. Infilo la muta ed entro in acqua. Con me 3000 triatleti da più di 50 nazioni. Musica e speaker scandiscono i palpitanti momenti che precedono la partenza. Mi posiziono un po’ defilato, voglio stare fuori dalla ressa per quanto possibile.

Annunciano 1 minuto alla partenza. Mi muovo nell’acqua e guardo gli altri attorno a me. Ci si sorride e ci si augura una buona gara a vicenda. Che questo giorno lunghissimo per tutti sia portatore di immense soddisfazioni.

Sento lo sparo di partenza. La gara è iniziata.


NUOTO
Cerco di evitare contatti e così sarà per fortuna fino alla prima boa a circa 700m. nuoto rilassato, lungo e curando il gesto. Mi sento benissimo. Tutto sembra perfetto. Arrivati alla prima boa inevitabilmente si crea un imbuto pazzesco e mi preoccupo solo di uscirne incolume. Qualcuno mi passa sopra io faccio altrettanto su qualcun altro. Ora via verso terra di nuovo per chiudere il primo dei due giri. Copro i primi 2100m in 38’, benissimo per me, e nel passaggio a piedi riconosco fra la folla Michael, un mio caro amico tedesco venuto apposta da Colonia a tifarmi.
Il secondo giro parte maluccio sbagliando rotta e perdendo qualche minuto, ma non me ne curo e ora l’unico pensiero è quello di finire la frazione a me meno congeniale e toccare di nuovo terra senza problemi.
Dopo 1h09’17’’ esco dall’acqua e il mio tifo mi acclama con calore. Un saluto e via sulla rampa di sabbia che porta al T1.

T1
Prendo la sacca con i miei vestiti per la bici. Ho preso la decisione di non gareggiare con il body per tutta la gara ma di vestire indumenti tecnici per la bici e per la corsa.
Il cambio è regolare. Con lucidità e calma esco bene dalla tenda e corro a prendere la mia bici.
6’43’’ si riveleranno nella norma rispetto a tutti gli altri atleti.

CICLISMO


Si parte subito con un tratto veloce in leggera discesa di 15km, che porta a Francoforte. In posizione da crono fin dai primi metri cerco di non curarmi degli altri che mi passano e di quelli che vanno più piano di me. Mi ascolto con attenzione e sento che il mio passo è giusto. Il contachilometri mi rasserena ulteriormente, faccio i 35km/h senza nessun affanno. Passiamo in pieno centro città davanti alla zona cambio da cui poi partirà la maratona. Il tifo è già spettacolare nonostante siano le 8.30. ora iniziano due giri di 83km circa immersi nelle campagne. Il tracciato non è duro ma presenta qualche breve impennata o lunghi tratti poco pendenti, che non mi si addicono. Si formano folti gruppi nonostante il divieto di scia, ma siamo talmente tanti che è inevitabile. La prima salita diventa un buon punto dove recuperare qualche posizione e sgranare un po’ i concorrenti. Il pubblico ai lati della strada è pazzesco! Con una passione smodata l’incitamento è praticamente costante ed entusiasmante. Così sarà per tutto il percorso. Solo in alcuni punti si soffre un po’ il silenzio ma viene buono per guardare il paesaggio circostante, fatto di campi di grano e morbide colline. In lontananza ogni tanto scorgo lo skyline di Francoforte con i suoi grattacieli.
Filo via bene curandomi di mangiare con regolarità e bere abbondantemente. Il caldo aumenta vertiginosamente e il sole è davvero fortissimo. Un noioso vento rende la pedalata un po’ più difficile del dovuto, ma procedo con determinazione. Giungo all’ultima salita denominata “heartbreak hill” prima di piombare in discesa sulla città. Questa breve ascesa è qualcosa di indimenticabile. Due ali di folla che urlano indemoniate. Ricevo pacche sulla schiena come riceverebbe un professionista al Giro o al Tour. Mi galvanizzo e mi emoziono allo stesso tempo. Musica a volume assordante, gente in festa e calici di birra alzati verso di noi a brindare alla nostra impresa.  Dentro di me penso che l’entusiasmante esperienza che sto vivendo mi dia veramente motivo di gioire per questa mia innata passione sportiva. Sento un fiume in piena di emozioni ad ognuno dei  180km che percorro con attenta concentrazione e pieno apprezzamento.
Tornato a Francoforte la folla è diventata immensa. Sento urlare il mio fantastico gruppo di supporter ma è impossibile vederli nella massa. Breve passaggio sul lungo Meno e via per il secondo giro. Ho percorso 100km e la mia media è un ottimo 33,20km/h. faccio un po’ di conti per ingannare la fatica e realizzo che sto andando alla grande, ben sopra le mie aspettative più rosee.

Ma è verso il 150°km che le cose iniziano a prendere una piega allarmante. Sento i quadricipiti indolenziti e sto diventando insofferente allo stare in posizione da crono. La sella inizia a torturarmi e devo rialzarmi più volte per sgranchirmi e cambiare posizione. Sono stanco, o meglio stufo di stare in bici. Ormai ogni triatleta è veramente distante da quello che lo precede o lo segue. A volte mi ritrovo con nessuno in vista per parecchie centinaia di metri. La testa continua a supplicarmi di smettere di pedalare, di scendere da quel mezzo e liberare le gambe dalla costrizione che le tiene attaccate ai pedali. Ricaccio indietro tutto quanto può minare la mia determinazione, ma so che mancano ancora 30km. Mi spaventa l’ignoto. Non mi sono mai spinto così lontano, così alla ricerca dei miei limiti fisici e mentali, e ora che sono passate 6 ore di attività ininterrotta e fatta con un buon piglio inizio a dubitare delle mie capacità di riuscire poi a correre per 42km. Il tutto diventa un immane muro insormontabile. Mi sforzo di guardare il paesaggio e mi impongo di procedere a piccoli pezzi. Immaginavo sarebbe arrivato il momento in cui avrei iniziato a ragionare in questi termini. “Mancano 10km all’ultima salita. Non vedo l’ora di arrivarci per rituffarmi in quel clima da grande evento ciclistico.” Con queste parole le gambe collaborano di più e nonostante un leggero rallentamento di passo riesco a mettere alle spalle le ultime fatiche, godermi il passaggio sulla tanto attesa “heartbreak hill” e poi via in discesa pronto ad entrare in T2 e soprattutto pronto per la maratona finale!

T2
Un volontario dello staff richiama la mia attenzione. Scavallo la gamba destra dietro la sella e scendo lasciandogli la bici al volo. Corro verso la mia sacca appesa nelle rastrelliere. Entro nella tenda per il cambio. Tolgo tutti i vesti, indosso quelli della corsa, calzo le scarpe. Giro il pettorale davanti e esco. 2’13’’, velocissimo!

Corsa
Mi aspettano 4 giri da 10,5km più il corridoio finale che porta al traguardo. Dal primo metro ho la pelle d’oca per il tifo che ogni singola persona rivolge verso noi atleti. “Michele super!” e ancora “Michele go go!” oppure “bravo Michele!”. Non posso credere che sarà così per tutti i 42km che devo correre. Invece si! Il nome sul mio pettorale viene letto da un quantitativo imbarazzante di gente che mi sostiene con un calore che, onestamente, non pensavo fosse una peculiarità del popolo tedesco. Tornando alle mie sensazioni il primo giro passa bene con un ritmo costante di 5’/km. Sarebbe eccezionale tenere un passo del genere fino in fondo, mi regalerebbe una maratona in 3h30’. Penso che anche con una flessione sul finale riuscirò comunque ad ottenere un buon tempo. Continuo la mia fatica sotto il sole delle 2.00 del pomeriggio.
Il caldo è forte e i ristori posti ogni 1,7km sono davvero una manna. L’organizzazione è speciale, i ristori impeccabili. Mi disseto con acqua, Sali e coca quasi ad ogni ristoro. Uso il ghiaccio per dare sollievo alla pelle ormai ustionata. Spugniaggio a più non posso per abbassare la temperatura. Anche i secondo giro se ne va e il ritmo è pressoché invariato. Sto correndo alla grande e la cosa più rincuorante è che mi sento bene, in pieno controllo del gesto tecnico e delle mie forze. Poi davanti a me accade un fatto inaspettato che mi lascia basito. In mezzo ad un mare di atleti ‘Age Group’ scorgo una figura che cammina che sembra un pesce fuor d’acqua. Quando lo passo lo riconosco, è Pete Jacobs, il campione del mondo Ironman, che è saltato e sta camminando i suoi ultimi km! Esclamo “Pete!” con stupore e dispiacere per un così grande campione. Riprendo la mia marcia. Per 6 o 7 volte il mio personale gruppo di tifosi mi sospinge verso l’agognato traguardo, con urla, foto e filmati tutti per me. Inizio il terzo giro e penso che sarà quello della verità. Mi porterà al 31°km che reputo il limite fisiologico oltre il quale la corsa diventa veramente un mondo fatto di sofferenza e pura resistenza. La stanchezza aumenta inevitabilmente ma sono abituato a questo tipo di sensazioni a piedi e non me ne curo. Pensieri più preoccupanti arrivano invece dalla fatica che ora incontro nell’alimentarmi, fatta di grande richieste di zuccheri e liquidi alternate a sensazioni di pesantezza digestiva e blocco totale a livello organico. Spero solo non sfocino in problemi intestinali o addirittura in un collasso. Decido di prendere una bustina di sale da cucina che danno ai rifornimenti. Cosa mai provata prima. Mi inonda la bocca del classico sapore pungente del sale e sebbene in un primo momento abbia pensato di aver fatto un clamoroso errore, dopo poco si rivela una mossa azzeccata. Finalmente ho tolto tutto il dolciume che mi attanagliava la bocca e anche lo stomaco sembra aver gradito. Questo piccolo accorgimento mi dona brillantezza anche nella corsa e arrivo a prendere il 3° bracciale colorato che testimonia il completamento del terzo giro. Inizio gli ultimi 10km che mi separano dal raggiungimento del mio personalissimo sogno. Passo per un’ultima volta davanti a Simona che mi urla “ci vediamo all’arrivo!”. Devo ricacciare giù il nodo alla gola che mi si crea al pensiero di giungere al traguardo. Al 35°km inizio a stringere i denti per combattere la fatica e nel tentativo disperato di non ridurre drasticamente la velocità. Ora entro completamente in quello stato di sofferenza che la maratona non manca quasi mai di farti provare. Ansimo in maniera goffa e dolente ma non mollo il ritmo che ormai è diventato di 5’15’’/20’’ al km. Manca pochissimo e sono attorniato da una marea di triatleti che camminano, che ciondolano, che non invidio affatto perché alcuni di loro non hanno neanche completato il primo giro e già camminano. Come un miraggio arrivo al giro di boa in cui mi consegnano l’ultimo bracciale. “Bravo Michele” mi urla il ragazzo dello staff. Inizio già a sentire la commozione che monta. Mi mancano 2km e so che ormai niente mi può più fermare dal raggiungere il mio obiettivo.

Stanco ma lucido affronto l’ultima salita sul ponte che mi riporta dal lato della città in cui è posto l’arrivo, in piazza Romerberg. Ce l’ho fatta continuo a ripetermi e il passo come per magia diventa spedito, leggero, pieno di un’euforia incontenibile. Ogni tanto nell’ultimo km la commozione mi si attanaglia in gola tanto da far fatica a respirare. Passo di fianco alla zona cambio. Lancio uno sguardo alla città e i suoi grattacieli. Le gambe girano veloci prive di qualsiasi sensibilità, colme di adrenalina. E poi davanti a me il bivio con la scritta “Finish”. Piego sulla destra e lascio l’anello che ho percorso 4 volte. Entro in un corridoio fatto di centinaia di persone, strette attorno a me. Il volto si deforma in una smorfia fatta di lacrime e tutti urlano e allungano le mani verso di me capendo le mie emozioni. Batto ‘cinque’ a destra e a manca e poi il corridoio si allarga in due ali immense. Una tribuna a destra e una a sinistra e in fondo l’arco dell’arrivo. Cerco con lo sguardo i miei  e li vedo proprio a fianco dell’arco.
La gioia è irrefrenabile. Alzo le braccia e con una grinta straordinaria urlo a squarciagola verso di loro. Pochi passi ancora e un ultimo urlo con tutto il fiato che ho in corpo mentre taglio la linea del traguardo a braccia alzate.



Sopra di me compare la scritta:
M. ZUCCHI         10h33’35’’
YOU ARE AN IRONMAN


  
Parziali:
Nuoto   1h09’17’’ – 1098°
Bici         5h30’02’’ – 967°
Corsa    3h45’23’’ – 479°
T1 – 6’43’’
T2 – 2’13’’
Atleti totali: 3015
Piazzamento assoluto: 687°
Piazzamento di categoria 125° su 445

mercoledì 3 luglio 2013

Quando la bici è un'avventura!

Spesso pedalando sulle salite abbiamo la fortuna - che diventa sfortuna se l'incontro é in discesa ! -  d'incrociare animali che ci fanno rimanere a bocca aperta per qualche istante; caprioli, scoiattoli, volpi sono ormai una costante delle nostre pedalate.

Ma  Pietro Di Vincenzo ha voluto andare oltre; facendo la salita da Costa Imagna alla Valcava, una bella biscia gli si è buttata tra la ruota e la forcella. Il povero "grimpeur" preso da paura ha sbandato ed è caduto, senza nessuna conseguenza, poi però ha dovuto chiedere supporto ad altri ciclisti per rimuovere l'animale.

A quanti di vostra conoscenza è capitata una cosa così?

Da oggi, attenzione anche ai serpenti suicidi!